@article{Witaszek_2017, title={Prorocy VIII wieku przed Chrystusem wobec dewiacji kultowych}, volume={42}, url={https://czasopisma.kul.pl/index.php/ba/article/view/2475}, abstractNote={II tema del presente articolo è nato dalla riflessione sul messaggio dei profeti dell’ VIII sec. a. C: Amos, Osea, Michea ed Isaia. Essi, avendo un altissimo senso della giustizia di Dio e valore dei rapporti umani non hanno potuto accettare l’immoralità e l’ingiustizia che pesavano sulla società israelitica. La loro critica contro la falsa coscienza investe innanzitutto il campo della pietà e del culto. I testi dei profeti riguardanti il problema del culto, suonano come una radicale condanna dell’attività cultuale di Israele. Il culto che fedeli e sacerdoti rendono a Dio nei santuari tradizionali, lungi dall’essere atto di fede, costituisce una colpa che attira la condanna di Jahvé. La loro critica è diretta contro le forme del culto israelita. Nei loro oracoli viene costantemente messo in evidenza, in senso negativo, lo zelo eccezionale che i fedeli dimostrano nella celebrazione del culto. Tutto questo fa pensare ad una ostentazione di pietà, ad un atteggiamento ipocrita da parte di persone che danno valore assoluto alle forme e nascondono cosí il vuoto religioso. I profeti dell’ VIII sec. a. C. non si limitano agli aspetti formali, ma vanno alla sostanza: sono i riti, le liturgie, il culto stesso nella sua realtà oggettiva che loro condannano nel nome di una visione della fede, nel nome di una nuova religione fatta non di esteriorità ma di contenuti, vissuta nell’impegno e nella carità. La critica profetica delle deviazioni del culto non è solo descrittiva, ma anche normativa. Un vero culto implica una vita rinnovata, la fede implica rapporti nuovi. Infine, non è la ricchezza del culto che rende la fede autentica. I profeti presentano le richieste positive nei confronti del popolo d’Israele e di Giuda: „Cercate il bene non il male se volete vivere” (Am 5, 14). In questa frase è contenuto l’insieme di tutta la religiosità morale del popolo eletto. Il messaggio profetico vive nella misura in cui è recepito come una realtà viva attuata da uomini che lo incarnano, lo fanno proprio, nella misura cioè in cui è assimilato. Il messaggio dei profeti non è solo una parola che si ascolta, un giudizio che si accoglie in tutta la serietà e la sua dimensione d’assolutezza, è un messaggio con cui si dialoga, di cui si rivivono le istanze, le intuizioni, con cui ci si situa in relazione, spesso in tensione.}, number={1}, journal={The Biblical Annals}, author={Witaszek, Gabriel}, year={2017}, month={Jun.}, pages={27–43} }